In Italia ci sono oltre 7.200 stabilimenti balneari e circa 5.271 spiagge distribuite lungo gli 8.000 chilometri di costa. È un patrimonio naturale e turistico che dovrebbe essere fruibile da tutti, senza esclusioni. Eppure, chi ha una disabilità motoria, sensoriale o cognitiva spesso trova ostacoli insormontabili. Secondo i dati aggiornati al 2023, solo 650 spiagge sono accessibili. Una cifra che rappresenta meno del 10% degli stabilimenti. Un numero vergognosamente basso per un Paese che ambisce a essere accogliente e inclusivo. Per garantire pari opportunità a tutti, è necessario un impegno concreto per aumentare le spiagge accessibili su tutto il territorio nazionale.
Numeri che parlano chiaro
Su oltre 7.200 stabilimenti balneari presenti in Italia, appena 650 sono classificabili come spiagge accessibili. Una sproporzione impressionante che fotografa una realtà ancora profondamente discriminante. Nonostante una legislazione teoricamente favorevole, la fruizione del mare per una persona con disabilità continua a essere un percorso a ostacoli.
Questa disparità si riflette anche nella distribuzione geografica. Le Regioni del Centro-Nord, come Emilia-Romagna, Toscana e Liguria, registrano i risultati migliori in termini di accessibilità, grazie a iniziative locali, investimenti pubblici e una maggiore sensibilità. Al Sud, invece, le disuguaglianze aumentano: in Calabria, Sicilia e Basilicata, le spiagge attrezzate per le persone con disabilità sono rarissime eccezioni. Serve una rete più uniforme di spiagge accessibili, anche nelle zone meno turistiche.
Cos’è davvero una spiaggia accessibile
Una spiaggia accessibile non è soltanto una passerella di legno posata sulla sabbia. Parliamo di un insieme articolato di interventi strutturali e organizzativi che garantiscono a chiunque, in modo autonomo o con minimo supporto, la possibilità di vivere pienamente l’esperienza balneare. Tra i requisiti essenziali:
- Parcheggi riservati e vicini all’ingresso
- Rampe d’accesso, passerelle antiscivolo e percorsi ben segnalati
- Servizi igienici accessibili e docce attrezzate
- Spogliatoi ampi e dotati di ausili
- Sedie da mare tipo Job per facilitare l’ingresso in acqua
- Spazi ombreggiati e adeguatamente distanziati
- Personale formato all’assistenza
- Punti ristoro e aree relax facilmente raggiungibili
- Percorsi tattili e mappa accessibile per persone cieche o ipovedenti
Senza questi elementi, è impossibile parlare davvero di spiagge accessibili. Ogni mancanza compromette l’autonomia e la dignità delle persone che vi accedono.
Cosa prevede la normativa italiana
L’apparato normativo è teoricamente ben costruito. Le leggi esistono e sono dettagliate. Ecco le principali:
- Legge 118/1971, art. 27: stabilisce l’obbligo di rimozione delle barriere architettoniche nei luoghi pubblici e nei luoghi di interesse sociale, comprese le spiagge.
- Legge 13/1989 e Decreto Ministeriale 236/1989: introducono parametri tecnici per l’accessibilità degli edifici e delle strutture private aperte al pubblico.
- Legge 104/1992, art. 23: impone che le concessioni demaniali marittime siano assegnate tenendo conto dell’accessibilità per le persone con disabilità.
- Legge 296/2006 (Finanziaria 2007), art. 1 comma 251: obbliga le concessioni a garantire libero e gratuito accesso e transito fino alla battigia.
- Legge 494/1993: inserisce requisiti minimi di accessibilità nei piani regolatori delle coste.
- UNI/PdR 131:2023: è la prassi di riferimento tecnica più aggiornata che definisce come progettare e mantenere una spiaggia realmente inclusiva.
Ma se le leggi ci sono, perché non si applicano? Il nodo è nell’assenza di controlli e nella mancanza di una cultura dell’inclusione. E senza controlli, il numero reale di spiagge accessibili rischia di restare simbolico.
Perché siamo ancora indietro
Ci sono diverse cause che impediscono alle spiagge accessibili di diventare la norma:
- Mancanza di verifiche: gli enti pubblici raramente controllano il rispetto delle norme.
- Sanzioni inefficaci: le multe, quando applicate, sono talmente basse da non costituire deterrente.
- Cultura dell’emergenza: la disabilità viene spesso trattata come un’eccezione, non come parte della normalità.
- Costi reali o presunti: molti gestori lamentano spese elevate per adeguare le strutture, anche se esistono fondi pubblici.
- Disinformazione: spesso gli stessi operatori non conoscono le normative o non sanno come accedere ai contributi disponibili.
Anche solo promuovere la formazione e la comunicazione intorno al concetto di spiagge accessibili sarebbe un passo avanti.
Modelli virtuosi da seguire
Alcuni esempi virtuosi dimostrano che rendere accessibili le spiagge non è un’utopia. Bibione è una delle località che meglio ha investito nell’accessibilità: tutti gli stabilimenti sono dotati di servizi dedicati, personale formato e ausili per la mobilità. Jesolo ha integrato la pianificazione urbana con criteri di accessibilità che coinvolgono anche il lungomare. San Foca in Puglia, con la sua “Terrazza sul mare”, ha creato un modello replicabile che combina design, assistenza e innovazione.
Al Sud, per quanto meno numerosi, ci sono segnali positivi: a Mazara del Vallo sono attivi stabilimenti con percorsi tattili e supporto professionale, mentre il Poetto di Cagliari ha integrato servizi accessibili lungo tutta la spiaggia urbana. Sono questi gli esempi da seguire per costruire una rete nazionale di spiagge accessibili vere e funzionanti.
L’inclusione è autonomia
Il concetto di inclusione passa anche e soprattutto dalla possibilità di essere autonomi. Una spiaggia accessibile non dovrebbe essere un luogo dove la persona disabile dipende totalmente da altri per muoversi, cambiare costume o entrare in acqua. Deve poter fare tutto questo da sola, se lo desidera.
Molte strutture, purtroppo, si limitano a fornire un accompagnamento, spesso con orari e disponibilità limitate. Questo approccio, seppur utile, non è sufficiente. Serve un cambio di paradigma: è l’autonomia, e non solo l’assistenza, a determinare la vera accessibilità. E le vere spiagge accessibili sono quelle che rispettano la libertà individuale di movimento e scelta.
Ruolo delle istituzioni locali e nazionali
I Comuni hanno un ruolo fondamentale. Sono loro a rilasciare le concessioni e a poter imporre il rispetto delle norme sull’accessibilità. Alcune amministrazioni virtuose hanno già introdotto vincoli nei bandi e premiato i gestori che investono nell’inclusione. Le Regioni possono promuovere bandi e incentivi economici, oltre a mappature aggiornate delle spiagge accessibili.
A livello nazionale, però, manca ancora un ente preposto esclusivamente al controllo dell’accessibilità nei luoghi di turismo. Servirebbe una cabina di regia che coordini enti locali, associazioni e realtà imprenditoriali per costruire un modello condiviso. Un coordinamento che punti ad aumentare il numero di spiagge accessibili da Nord a Sud.
Il turismo accessibile come valore economico
Investire in spiagge accessibili non è solo una questione di giustizia sociale. Ha anche una valenza economica importante. Le persone con disabilità in Italia sono circa 10 milioni. Se si includono i familiari, gli amici e gli accompagnatori, si parla di un mercato turistico potenziale che supera i 25 milioni di persone.
Inoltre, il turista con disabilità è spesso più fedele, più attento alla qualità dei servizi, e tende a tornare dove si è trovato bene. L’accessibilità è quindi anche un vantaggio competitivo per le imprese del settore. Investire in spiagge accessibili oggi è una scelta che guarda al futuro e al benessere collettivo.
Una mappatura nazionale è necessaria
Uno dei problemi più gravi è la mancanza di informazioni affidabili. Attualmente non esiste un sito unico, pubblico e aggiornato che permetta di sapere quali sono le spiagge accessibili, dove si trovano, quali servizi offrono. Alcuni portali indipendenti esistono, ma sono frammentari e spesso poco aggiornati.
Servirebbe una piattaforma nazionale, gestita dal Ministero del Turismo o dalle Regioni, con:
- Elenco delle spiagge accessibili
- Livello di accessibilità certificato
- Immagini e descrizioni dettagliate
- Recensioni degli utenti
Solo conoscendo, si può scegliere. E solo scegliendo consapevolmente si può generare un cambiamento.
Proposte concrete per il futuro
- Creare un ente pubblico nazionale per la verifica dell’accessibilità turistica
- Introdurre controlli periodici da parte delle ASL o enti locali
- Aumentare le sanzioni per i gestori non conformi
- Incentivare economicamente chi adegua le strutture
- Introdurre la certificazione “spiaggia accessibile” come marchio di qualità
- Obbligare la presenza di almeno un assistente alla mobilità per ogni stabilimento
- Promuovere formazione obbligatoria per gli operatori del settore
Sintesi
Non è più accettabile che in un Paese come l’Italia, ricco di costa e turismo, le spiagge accessibili siano ancora una minoranza assoluta. Non è degno di una società moderna che milioni di persone debbano rinunciare al mare, o affrontarlo con difficoltà, per l’indifferenza di istituzioni e operatori.
Le leggi ci sono. Le buone pratiche esistono. Le tecnologie sono disponibili. Serve solo la volontà di agire. E una visione che metta al centro la persona, non il profitto.
Perché una spiaggia accessibile è una spiaggia più bella per tutti. Un luogo dove libertà, rispetto e dignità si incontrano con la bellezza del mare. Le spiagge accessibili devono diventare la normalità, non l’eccezione. E ogni sforzo per ampliarne la diffusione è un investimento nella civiltà.