Le porte in un ufficio pubblico dovrebbe essere semplice per tutti. Ma per chi ha una disabilità motoria, anche una porta può diventare un ostacolo. Parliamo di un gesto quotidiano che molti danno per scontato: aprire una porta, attraversarla senza difficoltà, sentirsi accolti. Eppure, ancora oggi, tante porte negli uffici pubblici raccontano una realtà diversa. Troppe sono pesanti, strette, scomode, oppure progettate senza tener conto delle esigenze di chi si muove su una carrozzina o ha difficoltà nell’uso delle braccia.
Il concetto di accessibilità non è solo una misura, ma un diritto
Prima di entrare nei dettagli tecnici, serve chiarire una cosa: l’accessibilità non è un favore. È un diritto sancito dalla legge. La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità parla chiaro. Anche la normativa italiana – in particolare il DM 236/89 e il Codice dell’Accessibilità prevede criteri precisi per rendere gli edifici accessibili. Non si tratta solo di rampe e ascensori: ogni elemento deve essere pensato per permettere a chiunque di muoversi in autonomia, comprese le porte.
Le dimensioni minime: non basta “passare”
Secondo il DM 236/89, la luce netta minima di passaggio per una porta deve essere di almeno 85 cm, ma la misura consigliata è 90 cm. Questo garantisce il passaggio agevole di una carrozzina elettrica, che può essere più larga di una manuale. Ma attenzione: non basta che la porta si apra “abbastanza”. Bisogna considerare anche il modo in cui si apre, lo spazio laterale per manovrare, eventuali ostacoli come tappeti, gradini, spigoli vivi.
Apertura: scorrevole o automatica è meglio
Per una persona con disabilità agli arti superiori, la difficoltà principale non è solo passare, ma aprire e chiudere una porta. Le soluzioni più efficaci sono:
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Porte scorrevoli automatiche: sono ideali. Non richiedono forza, né movimenti complessi. Il sensore rileva il passaggio e si apre automaticamente.
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Porte con apertura a pulsante: alternativa valida, se ben posizionato. Il pulsante deve essere grande, sensibile, e posto tra 80 e 120 cm di altezza, accessibile anche da seduti.
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Maniglie a leva: se la porta è manuale, niente maniglie rotonde. Serve una leva lunga e facile da usare anche con difficoltà di presa.
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Porte leggere: il peso è fondamentale. Una porta troppo pesante richiede forza, equilibrio, coordinazione. Tutte cose che chi ha una disabilità motoria potrebbe non avere.
Lo spazio davanti e dietro la porta
Una porta può essere perfettamente conforme nelle dimensioni, ma restare comunque inaccessibile se non si può manovrare prima o dopo l’apertura. Per una persona in carrozzina, serve spazio per:
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avvicinarsi frontalmente alla porta;
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manovrare lateralmente per aprirla;
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girarsi e richiuderla (se automatica, questo problema si riduce).
Lo spazio libero davanti alla porta dovrebbe essere almeno 150×150 cm, che consente di fare inversione di marcia o ruotare di 360° con una carrozzina.
Soglie e gradini: basta millimetri per creare un ostacolo
Anche pochi millimetri possono diventare un problema. La soglia della porta deve essere a filo pavimento o al massimo di 2 cm, con bordo smussato. Qualunque dislivello maggiore può impedire il passaggio o causare uno sbilanciamento, soprattutto in autonomia.
In caso di porte esterne, dove si rischia infiltrazione d’acqua o necessità di isolamento termico, esistono soluzioni tecniche che permettono la tenuta senza rinunciare all’accessibilità.
Vetro, legno, metallo: l’importanza della visibilità
Una porta in vetro può essere un rischio se non è ben segnalata. Deve avere:
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bande visive orizzontali a 70-160 cm da terra;
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contrasti cromatici rispetto alle pareti e agli infissi;
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materiali non riflettenti o trasparenti, soprattutto in luoghi molto illuminati.
Una persona con disabilità motoria può avere anche difficoltà visive associate. Il principio è: rendere la porta evidente, distinguibile, leggibile.
Porte a doppia anta: spesso un problema
Le porte a doppia anta non sono sempre una buona soluzione. Se una delle due ante è bloccata o più piccola, si riduce la luce di passaggio. Se proprio necessarie, entrambe le ante devono essere apribili con facilità, senza sforzo. E possibilmente automatizzate.
Cartellonistica e segnaletica
Sapere dove si trova la porta di accesso è altrettanto importante. Deve essere ben segnalata, con pittogrammi chiari, a colori contrastanti, e possibilmente anche in Braille. Le indicazioni devono essere:
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visibili anche da seduti;
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collocate tra 120 e 160 cm di altezza;
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accompagnate, quando serve, da un citofono accessibile (non oltre i 120 cm dal suolo).
Uffici pubblici e percorsi interni: la coerenza conta
Una porta accessibile all’ingresso non serve a nulla se poi quelle interne non lo sono. In molti uffici pubblici capita di trovare l’ingresso principale perfetto, e poi ostacoli inaspettati: uffici chiusi da porte strette, bagni inaccessibili, stanze con soglie, maniglie difficili, o archivi con accessi angusti.
Serve una coerenza complessiva. Ogni porta, non solo quella d’ingresso, deve seguire le stesse logiche. E ogni intervento dovrebbe essere pensato insieme alle persone con disabilità, non in teoria.
Cosa dice la legge, ma soprattutto cosa serve nella pratica
Le norme ci sono. Ma la vera accessibilità non si misura solo in centimetri. Si misura in esperienza d’uso. Una porta accessibile è quella che una persona con disabilità può aprire, attraversare e chiudere senza chiedere aiuto. È una questione di autonomia, ma anche di dignità.
Manutenzione: la porta può anche essere perfetta, ma se non funziona…
Quante volte le porte automatiche risultano disattivate? Quanti sensori mal tarati? Quante maniglie rotte? L’accessibilità è anche manutenzione costante. Serve un controllo periodico, segnalazioni semplici da fare e prese in carico veloci da parte dell’amministrazione. Una porta rotta può escludere per giorni o settimane un’intera categoria di cittadini.
Un piccolo test: provate a passare con una mano sola
Una buona regola, per capire se una porta è davvero accessibile, è provare ad aprirla e attraversarla con una sola mano. Senza usare le gambe, senza aiuti esterni. Se non è possibile, quella porta non è accessibile per tutti.
Oppure provate a farlo seduti su una sedia con le ruote. Cercate di aprire la porta, passarci, richiuderla. Se servono acrobazie o forza eccessiva, qualcosa non va.
Quando funziona: esempi virtuosi
Ci sono realtà che hanno fatto un passo in più. Non solo per rispettare la legge, ma per rispondere davvero ai bisogni delle persone.
Comune di Bologna – Palazzo d’Accursio
Lo storico palazzo sede del Comune è stato oggetto di un attento intervento di adeguamento. Le porte principali sono dotate di apertura automatica a sensore. Tutte le porte interne degli uffici accessibili sono state equipaggiate con maniglie a leva ergonomiche e leggere. Ma il dettaglio più importante è che l’intero percorso, dall’ingresso alla postazione dell’ufficio, è stato pensato per chi si muove in carrozzina. Anche le porte degli ascensori e dei servizi igienici seguono lo stesso standard.
Biblioteca San Giorgio, Pistoia
Un altro esempio positivo. Le porte d’ingresso sono automatiche, ben segnalate e con sensori ad altezza adeguata. I varchi interni sono ampi, con soglie assenti o ridotte al minimo. Le porte delle sale di lettura e degli spazi studio hanno maniglie che possono essere utilizzate anche con limitazioni motorie agli arti superiori. Inoltre, è stato fatto un lavoro importante sulla formazione del personale, che conosce le caratteristiche delle strutture e può assistere in modo competente, solo se richiesto.
Agenzia delle Entrate – Sede di Trieste
Un progetto recente di ristrutturazione ha incluso porte a battente con apertura automatica a pulsante a pressione. Il pulsante è grande, a contrasto cromatico, e posto sia all’ingresso che all’uscita. C’è anche una segnalazione sonora utile per ipovedenti. In questo caso, il risultato è stato raggiunto grazie al coinvolgimento diretto delle associazioni locali per la disabilità nella fase di progettazione.
Quando non funziona: errori che si ripetono
Purtroppo, non mancano i casi in cui le porte diventano un vero e proprio ostacolo, anche in edifici ristrutturati di recente.
ASL – Sede distaccata in provincia di Napoli
Porta d’ingresso troppo stretta: 76 cm di luce netta. Nessuna apertura automatica. Maniglia tonda, rigida, con scatto a molla. L’ingresso è rialzato di 4 cm rispetto al marciapiede, senza raccordo smussato. All’interno, le porte degli ambulatori sono pesanti, e in molti casi si chiudono a molla troppo velocemente, creando difficoltà anche per accompagnatori o operatori.
Municipio di un piccolo comune del Lazio
Porta automatica installata all’ingresso, ma spesso disattivata per “risparmio energetico”. Quando è chiusa, si apre solo a spinta. La porta pesa molto, ha una soglia di 3 cm e manca uno spazio di manovra adeguato. La postazione di accoglienza si trova oltre un secondo varco con apertura a battente, difficile da usare se non accompagnati. Nonostante la presenza di normative chiare, manca un piano di gestione e manutenzione dell’accessibilità.
Ufficio Postale – Centro città di Milano
Un esempio emblematico di inaccessibilità paradossale. L’edificio ha una porta automatica all’ingresso, ma gli uffici interni sono distribuiti su due livelli collegati solo da scale. Alcuni sportelli sono accessibili, ma le porte dei locali per il ritiro pacchi o raccomandate sono strette (circa 72 cm), con maniglie verticali rigide. Non c’è segnaletica visiva né alternativa. Risultato: molti utenti devono chiedere assistenza per operazioni banali.
Questi esempi dimostrano che la differenza non la fa solo il progetto iniziale, ma la cura nei dettagli, la manutenzione e l’ascolto delle persone. Una porta può sembrare una cosa piccola, ma è la prima cosa che trovi davanti quando ti presenti in un ufficio pubblico. Se ti blocca, non è un problema tuo. È un problema di tutti.
Riflessione: una porta non è solo un oggetto
È un simbolo. È ciò che separa l’accoglienza dall’esclusione. Ogni porta di un ufficio pubblico dovrebbe essere pensata per dire “entra”, non per chiedere “puoi?”. Rivedere le porte in ottica accessibile non è solo un dovere tecnico, è un atto di civiltà.
Non servono miracoli. Serve volontà, ascolto e attenzione ai dettagli. Perché anche una porta può fare la differenza tra partecipazione e isolamento.