Immagina l’estate: il sole che scalda la pelle, l’odore del sale, il rumore delle onde, un lettino sotto l’ombrellone e la libertà di tuffarsi in acqua. Un’immagine familiare per molti. Ma non per tutti.
In Italia, chi vive con una disabilità spesso si trova davanti a un paradosso: un Paese con oltre 8.000 chilometri di costa, ma solo 650 spiagge accessibili. Vuol dire che per ogni decina di stabilimenti balneari, solo uno a volte nemmeno quello è realmente attrezzato per accogliere persone con disabilità.
Parliamo di diritto al mare, non di un favore. L’accessibilità non è un plus, è una condizione minima per permettere a chiunque di vivere una giornata in spiaggia con autonomia, sicurezza e dignità. Eppure, troppo spesso, le barriere non sono solo fisiche. Sono culturali, progettuali, istituzionali.
Questo articolo racconta com’è la situazione oggi, dove si trovano queste 650 spiagge accessibili, cosa funziona davvero e cosa ancora manca. Perché l’inclusione si misura nei fatti, e il mare dovrebbe essere di tutti. Nessuno escluso.
Cosa rende una spiaggia davvero accessibile
Il concetto di spiagge accessibili include diversi elementi fondamentali. Tra questi:
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Passerelle che arrivano fino alla battigia
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Sedie da mare come la sedia “JOB” (Jamme ‘O Bagn) o la Sand&Sea
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Postazioni ombreggiate con spazio sufficiente per manovrare una carrozzina
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Servizi igienici attrezzati
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Docce accessibili
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Assistenza in spiaggia (anche con personale formato)
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Parcheggi riservati e facilmente raggiungibili
Troppe volte, invece, le cosiddette spiagge accessibili si limitano a una passerella corta o a un bagno adattato, ma mancano poi gli strumenti per arrivare in acqua, per spostarsi o semplicemente per vivere la spiaggia con dignità.
Le spiagge accessibili devono essere progettate tenendo conto di ogni dettaglio: non basta una passerella simbolica. Solo quando tutti gli elementi sono presenti e funzionanti, si può parlare davvero di spiagge accessibili.
Quante sono davvero le spiagge accessibili?
Secondo i dati più recenti raccolti da enti come la Fondazione Cesare Serono, Legambiente, Village for All e InVisibili, le spiagge accessibili in Italia sono circa 650. Un numero basso, se consideriamo che gli stabilimenti balneari sono oltre 7.200.
Il censimento viene aggiornato ogni anno grazie al lavoro delle associazioni, alle segnalazioni dirette dei turisti e ai bandi regionali per l’inclusione. Tuttavia, molte delle spiagge accessibili presentano problemi strutturali, carenza di servizi o personale non formato.
Molti stabilimenti si autodefiniscono spiagge accessibili, ma senza garantire servizi completi. È fondamentale distinguere tra accessibilità dichiarata e accessibilità reale.
Dove si trovano le spiagge accessibili in Italia
Nord Italia
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Liguria: Genova, Varazze, Savona e Sanremo offrono alcune soluzioni accessibili, anche se spesso in spazi limitati.
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Veneto: Bibione e Jesolo sono tra le località più attente al tema, con aree riservate e dotazioni dedicate.
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Friuli Venezia Giulia: Lignano Sabbiadoro ha realizzato un progetto pilota per l’inclusione, con sedie job, personale formato e bagni adeguati.
Centro Italia
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Toscana: Marina di Grosseto, Camaiore e Follonica vantano strutture avanzate e personale in grado di assistere i bagnanti.
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Lazio: Ostia ha diverse spiagge accessibili comunali, anche se in alcuni casi mancano manutenzione e attrezzature adeguate.
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Marche: Numana e San Benedetto del Tronto si stanno attrezzando con percorsi tattili e lettini rialzati.
Sud Italia
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Campania: Napoli e Salerno hanno alcune spiagge accessibili libere, ma la situazione resta frammentata.
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Puglia: San Foca (con la Terrazza IO POSSO), Gallipoli e Torre Quetta a Bari sono esempi virtuosi.
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Calabria: Poche realtà attrezzate, con alcuni tentativi in provincia di Cosenza.
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Sicilia: Mondello, San Vito Lo Capo, Ragusa e Mazara del Vallo hanno attivato progetti d’inclusione.
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Sardegna: A Cagliari, il Poetto ha più spiagge accessibili; altre esperienze a Sant’Antioco e Torre Grande.
I modelli da imitare
La Terrazza “IO POSSO” – San Foca (LE)
Un modello di accoglienza gratuita nato dall’esperienza di un malato di SLA. Offre tutto: postazioni attrezzate, bagni, sedia job, personale di supporto e un sistema di prenotazione online. Ogni anno permette a centinaia di persone di vivere il mare senza barriere.
Accessibile sotto ogni punto di vista: mappe tattili, pedane trasversali, lettini rialzati, docce aperte, area ombreggiata dedicata.
Bibione (VE)
Ha investito in un sistema completo: passerelle, sedia job, formazione per i bagnini, accessibilità nei chioschi e negli stabilimenti.
Il ruolo delle istituzioni
Secondo la legge 104/1992 (articolo 23), tutte le concessioni balneari dovrebbero garantire accesso alle persone con disabilità. Ma nella pratica, i controlli sono scarsi e l’obbligo spesso eluso. I Comuni, responsabili dei litorali, agiscono in modo disomogeneo: alcuni fanno bandi per attrezzare le spiagge accessibili, altri affidano tutto ai privati.
Il PNRR e alcuni fondi regionali stanno offrendo risorse per migliorare la situazione. In Liguria, ad esempio, un bando da 2 milioni di euro ha permesso nel 2023 di migliorare decine di strutture.
Turismo accessibile: molto più di un bagno al mare
Avere spiagge accessibili significa anche promuovere un’economia più ampia: alberghi, ristoranti, parcheggi e mobilità devono essere coordinati. Una spiaggia attrezzata ma irraggiungibile con i mezzi pubblici o con marciapiedi dissestati è inutile.
Le spiagge accessibili rappresentano un punto di partenza per una filiera turistica davvero inclusiva. Senza accesso al mare, non può esserci vera vacanza per tutti.
Servono percorsi integrati:
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parcheggi riservati
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navette attrezzate
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segnaletica chiara
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percorsi tattili per ipovedenti
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staff formato all’accoglienza
Solo così il turismo accessibile diventa reale.
Esperienze amare: quando l’accessibilità è solo sulla carta
Purtroppo, sono molte le segnalazioni di strutture che si dichiarano “spiagge accessibili” ma che, una volta raggiunte, presentano gravi mancanze. Alcuni casi comuni:
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passerelle che terminano a metà sabbia
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sedia job disponibile solo su richiesta e mai presente
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bagno adattato ma senza chiave o inutilizzabile
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personale non formato che si rifiuta di aiutare
In alcuni casi le informazioni fornite al telefono non corrispondono alla realtà. E chi ha una disabilità, spesso, non ha alternative: non può “spostarsi altrove”.
Cosa può fare chi viaggia
Chi cerca spiagge accessibili dovrebbe:
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consultare portali affidabili (Fondazione Serono, InVisibili, Village for All)
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telefonare con largo anticipo
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chiedere foto aggiornate e conferma dei servizi
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segnalare eventuali disservizi alle associazioni o al Comune
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usare piattaforme come Tripadvisor o Google Maps per leggere recensioni specifiche
Il rischio dell’inclusione a metà
Il fatto che solo 650 spiagge accessibili in Italia siano realmente tali mostra un problema culturale. Le persone con disabilità sono spesso considerate “ospiti occasionali” e non cittadini con pari diritto alla fruizione del mare.
L’accessibilità non può essere un gesto di cortesia o un’opzione da attivare su richiesta: deve essere un’infrastruttura permanente, curata e monitorata.
Il ruolo delle associazioni
Organizzazioni come:
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AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla)
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Village for All
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InVisibili
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Legambiente
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Confad
stanno svolgendo un lavoro essenziale di mappatura, sensibilizzazione e spinta alle amministrazioni. La loro azione è fondamentale per trasformare l’accesso alla spiaggia da un privilegio a un diritto.
Proposte concrete per il futuro
Per migliorare davvero le spiagge accessibili in Italia, servono alcune azioni chiare:
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Rendere obbligatoria la formazione del personale nei lidi
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Inserire nei bandi pubblici criteri premianti per l’accessibilità
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Creare una piattaforma unica nazionale con foto e schede aggiornate
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Controlli periodici sul rispetto delle normative
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Valutare l’accessibilità anche per disabilità sensoriali e cognitive, non solo motorie
Sintesi
Le spiagge accessibili in Italia sono solo 650, su oltre 7.000 stabilimenti. Un numero troppo basso per un Paese che si vanta di essere una meta turistica internazionale. Il diritto al mare non può essere negoziabile. Occorrono investimenti, formazione, progettazione seria. E soprattutto, un cambio culturale: non è la persona con disabilità a doversi adattare alla spiaggia, ma la spiaggia a doversi adattare a tutti.