Sarah Storey nasce il 26 ottobre 1977 a Eccles, nel Regno Unito, con una malformazione congenita alla mano sinistra: il braccio non si sviluppa oltre il gomito. Ma fin dall’inizio è chiaro che quella che per molti sarebbe una limitazione, per lei diventerà solo un dettaglio tecnico. Cresce in una famiglia che le insegna l’autonomia e il valore dell’impegno. Il suo corpo si muove diversamente, ma il suo spirito corre veloce.
Già da bambina, Sarah è attivissima. Ama muoversi, esplorare, mettersi alla prova. E trova presto il suo primo campo di battaglia: l’acqua.
Nuoto: il primo capitolo di un dominio
Nel 1992, a soli 14 anni, Sarah Storey debutta ai Giochi Paralimpici di Barcellona come nuotatrice. Non è solo giovane: è anche fortissima. Torna a casa con due ori, tre argenti e un bronzo. È l’inizio di una carriera impressionante.
Nel corso di quattro edizioni paralimpiche (Barcellona, Atlanta, Sydney e Atene), Sarah colleziona un totale di 5 ori, 8 argenti e 3 bronzi nel nuoto. Gareggia in diverse distanze e stili, dimostrando una versatilità rara. È potente, strategica, instancabile. Ogni bracciata è un segnale: non esiste una sola forma per essere campione.
Ma la sua storia non si ferma lì. A un certo punto, sente che ha dato tutto nel nuoto. E decide di cambiare.
Il salto al ciclismo: la sfida impossibile
Nel 2005, Sarah Storey si reinventa. Passa dal nuoto al ciclismo su pista e su strada. Un salto enorme, fisicamente e tecnicamente. Molti la guardano con scetticismo. Cambiare sport dopo una carriera da medagliata? A quasi trent’anni?
Ma Sarah sa cosa sta facendo. Inizia ad allenarsi con costanza, studia tecnica e resistenza, lavora su ogni dettaglio. Il suo passato da nuotatrice le ha dato polmoni, gambe, determinazione. Ora deve solo trasferire tutto sul pedale.
E ci riesce. Nel 2008 partecipa alle Paralimpiadi di Pechino nel ciclismo e vince due ori. Poi si ripete a Londra 2012, Rio 2016, Tokyo 2021. Su pista, su strada, nelle cronometro. Sempre davanti, sempre più forte.
Sarah Storey: record su record
Con 17 ori paralimpici totali tra nuoto e ciclismo, Sarah Storey è l’atleta paralimpica britannica più titolata di sempre. Ha vinto in due sport diversi, in tre decenni diversi, contro generazioni diverse di avversarie. Nessuna come lei.
Ha anche collezionato numerosi titoli mondiali e ha gareggiato — con ottimi risultati — in competizioni contro atleti normodotati. La sua determinazione, il suo metodo, la sua lucidità l’hanno resa un modello per tutto lo sport, non solo quello paralimpico.
Un impegno che va oltre la pista
Sarah Storey non è solo una fuoriclasse. È anche una voce attiva per i diritti degli atleti con disabilità. Ha parlato apertamente dei pregiudizi, delle difficoltà logistiche, della necessità di investire nello sport inclusivo. È una figura di riferimento per molte giovani atlete, che in lei vedono non solo una campionessa, ma anche una persona accessibile, concreta, ispirante.
Nel 2013 è diventata Dama dell’Impero Britannico (Dame Commander of the Order of the British Empire) per i suoi meriti sportivi. Ma chi la conosce sa che i suoi titoli non l’hanno mai cambiata: è rimasta una donna pratica, determinata, gentile. Una madre, una moglie, una compagna di squadra stimata.
Una routine fatta di costanza
La carriera di Sarah Storey è costruita sul lavoro quotidiano. Non ha mai dato nulla per scontato. Ogni gara l’ha preparata con attenzione. Ha fatto della costanza la sua arma più forte. Non ha mai puntato tutto su un colpo di fortuna. Ha sempre puntato su sé stessa.
Anche dopo aver avuto due figli, è tornata in gara senza mai usare la maternità come scusa o ostacolo. Anzi. Ha mostrato come una donna possa essere madre e atleta senza dover scegliere. Ha allenato il corpo con rispetto, ha gestito la sua agenda con intelligenza, ha chiesto aiuto dove serviva. Sempre con lucidità.
Sarah Storey: un simbolo, ma non solo
Molti media parlano di Sarah Storey come un simbolo. Lei non ama troppo questa definizione. Dice che non ha fatto nulla di speciale. Ha solo lavorato, creduto, insistito. La sua vera forza sta nella normalità. In quella forma di disciplina che trasforma ogni giorno in un passo avanti.
È amata perché non recita mai. Non cerca applausi, cerca risultati. Non è appariscente, è affidabile. E proprio per questo è diventata una delle figure più rispettate dello sport mondiale.
Perché parlarne qui
Nel mio blog, la storia di Sarah Storey ha il suo spazio naturale. Lei è un esempio concreto di cosa significhi non accettare ruoli predefiniti. Ha deciso lei che cosa voleva essere: una nuotatrice, un’arzilla ciclista, un’atleta completa.
Sarah Storey è la dimostrazione che la determinazione può reinventare la traiettoria di una vita. Non ha mai parlato di limiti. Solo di opportunità. E non ha mai detto: “Non posso.” Ha detto: “Vediamo come si fa.”
E l’ha fatto. Sempre.