HOCKEY IN CARROZZINA

Diversamente sportivi
HOCKEY IN CARROZZINA

L’hockey in carrozzina è nato in Olanda nel 1982, quando un gruppo di atleti affetti da distrofia muscolare hanno disputato il primo campionato ufficiale in carrozzina elettrica. Arriva in Italia nel 1991 per merito del Gruppo Giovani della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) portando oggi la realtà hockeistica italiana al suo diciottesimo campionato nazionale.

In particolare, a portare il wheelchair hockey in Italia, fu Luigi Maccione, detto Puccio: tradusse il regolamento internazionale, organizzò le prime partite e fece conoscere il gioco in Italia. All’inizio, importò persino le palline e le mazze dall’Olanda. Le prime squadre nacquero tutte da sezioni Uildm, che creavano un gruppo sportivo: anche oggi che le società sportive sono autonome, Uildm rimane un partner importante del wheelchair hockey italiano.

HOCKEY IN CARROZZINA: INFORMAZIONI TECNICHE

L’hockey in carrozzina elettrica si pratica in palestra. Il campo da gioco ha un perimetro di 26×16 m in genere, delimitato dalle sponde. Ogni squadra può far scendere in campo un massimo di cinque giocatori e può usufruire di un numero illimitato di sostituzioni. Ogni partita è divisa in 4 tempi che durano 10 minuti. Le due porte sono alte 20 cm e lunghe 2,20 m. Nell’area a semicerchio può sostare solamente il portiere, altrimenti viene assegnato un rigore a favore della squadra avversaria.

L’hockey in carrozzina appartiene a quella grande fetta di sport altamente inclusivi. Infatti, ad ogni partita, in campo puoi trovare atleti che riescono a colpire la pallina utilizzando il braccio (con una mazza in materiale plastico) e atleti che possono solo azionare il comando della carrozzina. Per questi atleti, sulle pedane, viene applicato uno stick, che gli permetterà di indirizzare la palla. Ci sono due arbitri e le carrozzine possono raggiungere al massimo i 12 km/h. 

SPORT E INCLUSIONE

Per questo tipo di sport davvero non esistono limiti. Infatti, in campo troverai atleti con: amputazioni ad arti inferiori, atrofia muscolare spinale (SMA), diplegia spastica, distrofia muscolare, malattia di charcot-marie-tooth, sclerosi laterale amiotrofica (SLA) pieni di vita e voglia di divertirsi. Sicuramente un giocatore con più forza fisica nelle braccia farà più facilmente goal, ma non è affatto detto che questo giocatore, seppure più appariscente, sia il più bravo. Tecnica e tattica hanno un ruolo importante, così anche gli atleti con disabilità grave, che utilizzano il T-stick e direzionano la pallina muovendo un joystick, contano molto. 

Come tutti gli sport di squadra resta fondamentale il concetto di gruppo, di team, di supporto. Questi atleti, oltre a svolgere attività fisica, costruiscono: relazioni, abitudini e stati emotivi positivi capaci di dar benessere a corpo e mente, andando a lavorare in maniera esponenziale su autostima e autocontrollo.

Al momento esistono due gironi in A1 e quattro in A2, con 30 squadre distribuite su tutto il territorio nazionale ed in numero crescente. La FIWH promuove l’attività sportiva organizzando, oltre al Campionato Nazionale, anche la Coppa Italia, la Supercoppa Italiana e l’organizzazione dell’attività della Nazionale Italiana garantendone la partecipazione agli incontri internazionali. La FIWH si occupa, inoltre, della formazione didattico-sportiva su temi sanitari, sportiva (corsi per arbitri) e gestionale (corsi per dirigenti) tutelando gli interessi delle persone disabili e delle loro famiglie.

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