Disabilità: La legge 68/99: il collocamento mirato nel mondo del lavoro

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Disabilità: La legge 68/99: il collocamento mirato nel mondo del lavoro
La Legge 68/99 promuove l'inserimento lavorativo delle persone con disabilità attraverso il collocamento mirato. Un sistema che punta a valorizzare le competenze e creare occupazione inclusiva.

n Italia, l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità ha un riferimento preciso: la Legge 68 del 12 marzo 1999. Una legge nata per superare l’approccio assistenzialisti, introducendo un meccanismo che punta sull’incontro tra capacità e opportunità. Il cuore di tutto è il concetto di collocamento mirato: non un obbligo formale per l’azienda, ma un percorso strutturato per favorire inserimenti efficaci e sostenibili.

Che cos’è il collocamento mirato

Il collocamento mirato non è una semplice assegnazione di posti riservati. È un sistema pensato per valutare le competenze, le potenzialità e le esigenze individuali della persona con disabilità, e metterle in relazione con le caratteristiche dell’ambiente di lavoro. L’obiettivo è evitare inserimenti casuali o forzati, creando invece un incontro sensato tra domanda e offerta.

Per farlo, la legge coinvolge enti pubblici, servizi per l’impiego, aziende e lavoratori. Tutti devono collaborare per costruire un percorso che funzioni, considerando anche eventuali adattamenti delle mansioni, degli strumenti o degli orari.

A chi si rivolge la legge

La Legge 68/99 si applica a diverse categorie di persone con disabilità, riconosciute tali attraverso specifici criteri:

  • persone con disabilità fisica, psichica o sensoriale, con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, certificata da una commissione medico-legale;

  • persone invalide del lavoro con una riduzione superiore al 33%;

  • non vedenti e sordomuti;

  • invalide di guerra, di servizio e civili di guerra.

Oltre a queste categorie, la legge prevede forme di tutela anche per altre persone svantaggiate (ex detenuti, tossicodipendenti, ecc.), ma con modalità diverse.

Le quote di riserva per le aziende

Uno degli strumenti centrali della legge è l’obbligo per i datori di lavoro di riservare una quota di posti a persone con disabilità. Le percentuali variano in base alla dimensione aziendale:

  • aziende con 15-35 dipendenti: obbligo di un’assunzione;

  • da 36 a 50: almeno due lavoratori con disabilità;

  • oltre 50: almeno il 7% dell’organico.

Questo obbligo scatta solo in caso di nuove assunzioni per le aziende da 15 a 35 dipendenti, mentre è sempre attivo per quelle più grandi.

Sono previste esenzioni per aziende in crisi, ristrutturazioni o con particolari attività lavorative, ma devono essere comunicate e motivate agli uffici competenti.

Come funziona nella pratica

Per accedere al collocamento mirato, la persona con disabilità deve iscriversi nelle liste speciali dei Centri per l’Impiego, presentando la documentazione che attesta la disabilità. In parallelo, viene valutata l’idoneità allo svolgimento di determinate mansioni, anche attraverso colloqui con operatori e consulenti del lavoro.

Le aziende, da parte loro, possono assumere tramite:

  • chiamata nominativa (scelgono il candidato da assumere tra quelli iscritti);

  • chiamata numerica (il Centro per l’Impiego assegna il lavoratore);

  • convenzioni personalizzate, dove si pianifica l’inserimento con tempi, modalità e supporti specifici.

Uno strumento utile per entrambe le parti è il tirocinio di inserimento lavorativo, che permette di testare il contesto e valutare la reale compatibilità.

Il ruolo delle convenzioni

Un elemento strategico previsto dalla Legge 68 è la possibilità di stipulare convenzioni tra aziende e servizi per l’impiego, spesso con la collaborazione di cooperative sociali, enti di formazione o servizi sanitari. Queste convenzioni servono a costruire percorsi su misura, con obiettivi, tutoraggi, adattamenti e monitoraggi.

Possono prevedere:

  • percorsi formativi in azienda;

  • assunzioni progressive;

  • affiancamenti personalizzati;

  • supporto di figure professionali (es. educatori, job coach).

L’idea di fondo è semplice: lavorare insieme per ridurre le difficoltà, senza lasciare sola né l’azienda né la persona.

Incentivi per le aziende

Per favorire le assunzioni, lo Stato offre incentivi economici alle aziende che assumono persone con disabilità, in particolare nei casi di disabilità grave o con difficoltà di inserimento. Gli incentivi variano in base:

  • alla tipologia del contratto (tempo determinato o indeterminato);

  • al grado di disabilità;

  • alla durata dell’assunzione.

Ci sono anche agevolazioni per l’adattamento dei posti di lavoro, l’acquisto di strumenti tecnologici o la formazione del personale aziendale.

I punti critici

Nonostante le buone intenzioni e gli strumenti, la legge si scontra con diverse difficoltà pratiche:

  • ritardi nelle iscrizioni alle liste speciali;

  • mancanza di personale specializzato nei Centri per l’Impiego;

  • resistenze culturali da parte di alcune aziende;

  • casi in cui la disabilità è considerata un ostacolo e non una risorsa.

In molti territori, il collocamento mirato funziona solo sulla carta. In altri, invece, si sviluppano buone prassi grazie alla sinergia tra enti pubblici, imprese e associazioni.

Il valore del lavoro

La Legge 68/99 è importante perché riconosce il diritto al lavoro delle persone con disabilità non come un atto di carità, ma come parte della loro dignità e autonomia. Avere un lavoro non significa solo ricevere uno stipendio, ma sentirsi parte della società, avere un ruolo, costruire relazioni.

Nel concreto, però, serve un impegno collettivo. Le norme ci sono, ma vanno applicate, aggiornate e sostenute con risorse, formazione e visione. Servono aziende disposte ad aprirsi, e servizi pubblici capaci di accompagnare davvero le persone nel loro percorso.

Riflessione

La Legge 68/99 è uno strumento fondamentale per promuovere l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità. Ma il collocamento mirato non è un automatismo: è un processo che richiede ascolto, competenze e responsabilità condivise. Perché non basta aprire una porta: bisogna costruire un percorso che porti davvero dentro.

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