C’è chi corre per battere un record. Chi gioca per vincere una coppa. E poi c’è Claudio, che corre e gioca per qualcosa di molto più grande: abbattere barriere. Le sue non sono semplici gare, ma tappe di un viaggio personale e collettivo verso l’inclusione. La sua missione è chiara: dimostrare che lo sport non ha confini, e che ogni traguardo raggiunto con fatica è una vittoria condivisa da tutta la società, il sociale è uno strumento potente se utilizzato nella maniera corretta.
Un atleta controcorrente
Claudio è un atleta paralimpico con una visione potente: usare la propria esperienza per ispirare, motivare e sensibilizzare. Non gareggia con una sedia a rotelle da competizione, ma con una carrozzina normale. Non chiede corsie preferenziali, ma parità di partecipazione. La sua corsa, fatta di braccia e determinazione, è una metafora vivente di cosa significhi non arrendersi.
Il suo motto, Dalla parte degli ultimi per sentirmi primo, è diventato il simbolo di un modo diverso di vivere lo sport. Non come competizione esasperata, ma come strumento per creare ponti tra le persone, abbattere pregiudizi e costruire comunità più aperte.
Oltre il traguardo: una storia fatta di cuore e coraggio
La prima Maratona di Roma che Claudio ha affrontato resta impressa nella memoria di molti. Era il 2017, pioveva a dirotto e una lesione alla spalla avrebbe potuto fermarlo. Un fisioterapista gli aveva detto che non sarebbe riuscito a spingere nemmeno per 10 chilometri. Ma Claudio ha taciuto, ha stretto i denti ed è partito. Ha tagliato il traguardo in 6 ore e 59 minuti, al limite dell’ipotermia, ma con il cuore gonfio di una gioia indescrivibile.
Da allora, ha partecipato a decine di gare: dalla Mezza Maratona di Palmanova alla Giulietta&Romeo di Verona, fino alla storica RomaOstia. E ogni volta, dietro ogni chilometro, c’è un messaggio forte: la disabilità non è un ostacolo, ma una diversa modalità di vivere il mondo.
La forza dello sport come linguaggio universale
Claudio non si limita a gareggiare. Porta il suo messaggio nelle scuole, come al Liceo Linguistico Carducci di Ferrara, dove ha raccontato ai ragazzi cosa significa praticare Powerchair Sport. Insieme a compagni di squadra come Klaivert Taka, mostra dal vivo le dinamiche del Powerchair Hockey e del Powerchair Football, due discipline paralimpiche che fondono tecnica, strategia e spirito di squadra.
Il progetto “I Powerchair Sport a Scuola” è un’iniziativa che vuole avvicinare le nuove generazioni alla realtà della disabilità, non con discorsi pietistici, ma attraverso il coinvolgimento diretto. I ragazzi non solo assistono, ma giocano, provano, si mettono nei panni degli altri. E da quel momento, qualcosa cambia. Nasce empatia, consapevolezza, rispetto.
Udine: una seconda casa
Tra le tappe più significative della sua carriera sportiva, Claudio ricorda con particolare affetto la parentesi con i Madracs Udine, squadra di Powerchair Hockey. Pur abitando a oltre 600 chilometri di distanza, ha trovato in quella realtà un luogo dove sentirsi accolto, riconosciuto e valorizzato. “Udine è una città che ti ruba il cuore e ti fa vivere la vita come una favola”, racconta. E non è difficile credergli: lo sport, quando vissuto così, ha davvero il potere di farci sentire a casa, ovunque ci troviamo.
La fatica di cambiare le regole
Non tutto, però, è stato facile. Spesso Claudio ha dovuto lottare contro burocrazie e regolamenti che escludevano, più o meno apertamente, le persone con disabilità. Molti organizzatori di gare non prevedono la partecipazione di atleti in carrozzina, se non in categorie speciali o con supporti specifici. Ma lui insiste: vuole partire insieme agli altri, con un pettorale normale, per dimostrare che l’inclusione non è una categoria, ma un diritto.
Il suo messaggio si fa portavoce di una battaglia culturale: riformare lo sport affinché sia davvero per tutti. Non basta l’accessibilità fisica: serve un cambio di mentalità.
Fai la tua parte: unisciti alla missione di Claudio
Lo sport è uno dei pochi linguaggi che unisce persone di età, culture, abilità ed esperienze diverse. Ma perché questo sia vero per davvero, servono alleati. Persone, scuole, associazioni e istituzioni disposte a credere che l’inclusione non sia un’eccezione da tollerare, ma un valore da difendere.
👉 Se sei un insegnante, invita Claudio nella tua scuola. Porta la testimonianza viva di cosa significhi fare sport con la disabilità e lascia che i tuoi studenti vivano un’esperienza educativa che va oltre i libri.
👉 Se organizzi eventi sportivi, apri le porte alla partecipazione inclusiva. Sii parte del cambiamento, permettendo a chi ha una disabilità di gareggiare fianco a fianco con tutti gli altri.
👉 Se sei un atleta, un genitore, un cittadino, condividi questa storia. Raccontala. Mostra che esiste un modo diverso di fare sport: più umano, più giusto, più bello.
Ogni piccolo gesto può fare la differenza. Perché l’inclusione si costruisce con le parole, ma si realizza con le azioni.